L’IMPEGNO DEL GRUPPO ARCHEOLOGICO CADORINO (in aggiornamento gennaio 2022)
Uno dei compiti del Gruppo Archeologico Cadorino è stato quello di fornire opera di volontariato negli scavi .
La nostra “prima volta” è stata a Valle di Cadore nel 1997 in un’area che avrebbe potuto essere interessata da una circonvallazione. L’associazione attraverso il suo presidente Giancarlo Arnoldo fece presente al Comune che in quell’area si sarebbero potuti trovare reperti archeologici vista la vicinanza ad altri siti. Un sondaggio preventivo avrebbe risolto il problema con poca spesa. L’idea fu accettata dal Comune e dalla Sovraintendenza e si procedette. Lo scavo è stato effettuato su un grande prato posto a valle dell’abitato, dove si ipotizzava potesse esserci una necropoli perché alcune foto scattate dall’alto in primavera quando l’erba era bassa evidenziavano due circoli di circa dodici metri di diametro e un’altra dozzina di cerchi più piccoli, dai due ai tre metri di diametro. La cosa era stata segnalata da Milo Mazzucco, appassionato di archeologia e scopritore del villaggio di Paluch a Ospitale.
Il Comune di Valle stava esaminando l’ipotesi di far passare su quel terreno la circonvallazione del paese ed era quindi interessato a sapere se ci fossero strutture che potessero creare problemi alla strada. La Soprintendenza ha accettato il progetto e nell’ottobre del 1998 si è incominciato a scavare nel punto dove i due circoli più grandi si toccavano, sotto la direzione di Paolo Michelini .
La trincea di sei metri per due è arrivata fino a una profondità di tre metri e mezzo. A due metri è stato scoperto un muro a secco in senso nord sud, mentre a tre metri è stata trovata una buca rotonda piena di carboni. Il terreno vicino alla buca era stato esposto all’aria, quindi poteva trattarsi di una superficie poi coperta da alluvioni, visto la presenza di materiali fluviali negli strati superiori. Nella terra di scavo era stata rinvenuta da Giancarlo Arnoldo una fusaiola in piombo.
Purtroppo non è stato possibile capire il motivo di questi misteriosi circoli sul terreno, ma è stato appurato che non sussistono strutture murarie che ne siano l’origine. Il nostro secondo intervento è stato ad Auronzo in seguito al fortuito ritrovamento di una moneta romana imperiale vicino a un muro in pietra durante uno scavo per una tubatura. Nella stessa zona era stata ritrovata una moneta in bronzo di Gallieno nel 1932. Quando il proprietario del terreno decise di effettuare dei lavori chiedemmo di seguirli e a circa 80 cm. di profondità comparvero i primi reperti. Furono subito avvisati la Sovraintendenza e il Comune, che decise di finanziare uno scavo archeologico. La partecipazione dei soci fu veramente numerosa; oltre quindici iscritti hanno prestato la loro opera creando così un grande interesse nella popolazione. Lo scavo di Tarin è stato effettuato nel giugno 1999 sotto la direzione della Sovraintendenza di Padova rappresentata dalla dottoressa Giovanna Gangemi, assistita sul campo da Davide Pacitti. La zona è posta su un terrazzamento di un declivio fluviale dell’ Ansiei ,che dà il nome a tutta la valle. Il sito è molto soleggiato ed è posto a poca distanza dalla chiesa di Santa Giustina. In tre settimane di lavoro è stato aperto un settore di terreno di circa 60 mq, ,portando alla luce una struttura muraria di sette metri di lunghezza che prosegue in direzione est-ovest. Il muro ha un’altezza di un metro ed presenta un crollo facendo quindi supporre un’elevazione maggiore. Nella terra di scavo sono stati rinvenuti molti frammenti di terracotta appartenenti a vasi di varie dimensioni e forme. I colori vanno dal rosso-bruno al grigio con presenza di ceramica nera fine. Sono state raccolte una decina di monete di bronzo e d’argento che vanno dal secondo al quarto secolo dopo cristo, ma soprattutto un piccolo rettangolo di bronzo con due incisioni oblique convergenti. Forse si tratta di un aes, ossia di un’unità di scambio usata prima dell’introduzione della monetazione. Inoltre sempre negli strati superficiali sono stati rinvenuti due oggetti probabilmente preromani; un ago in bronzo e un ardiglione di fibula a testa d’anatra di dieci centimetri . Sono presenti più accrescimenti pavimentali quindi la frequentazione del luogo si è protratta almeno per alcune decine d’anni. Le monete vanno dal I sec. D. C. al 364 D.C.
Nel maggio 2000 i lavori di risistemazione della piazza Santa Giustina ad Auronzo hanno portato alla luce strutture murarie ; la Soprintendenza è subito intervenuta e in quaranta giorni lo scavo è stato quasi completato. Successive scoperte hanno prolungato le ricerche nella piazza; ad agosto ci sono stati altri venti giorni di scavi con i fondi della Soprintendenza, ma si è reso necessario un prolungamento ad ottobre. Tuttavia non si riuscì a completare l’indagine, che è ripresa a giugno 2001, per terminare nell‘autunno. I soci che hanno collaborato allo scavo sono stati oltre trenta; va ricordato il grande contributo di Gianni Pais, che ha identificato le prime strutture ed è stato presente per oltre venti giorni per tutta la giornata.
Nel settembre 2000 è stato effettuata la prima parte dello scavo di Pozzale, dove è stato individuato un abitato protostorico. Il recupero “in extremis” a Pozzale di testimonianze importanti sulle antiche origini del paese dimostra anche quanto sia difficile intervenire sui cantieri edili, dove per interessi economici, non dico speculativi, non si pone alcuna attenzione al terreno che si ferisce e si asportano metri cubi di materiale senza indagini preventive o consulenze archeologiche. Riuscire in questa situazione a salvare dalle ruspe siti archeologici nascosti e sconosciuti è impresa aleatoria, tanto più che i cantieri sono interdetti ai non autorizzati. Pozzale è noto come antico insediamento dell’età del ferro e i suoi ritrovamenti sono tra i primi avvenuti in Cadore (1821), eppure negli ultimi anni all’interno del paese si sono operati consistenti movimenti di terreno a seguito di lavori edili, ma incredibilmente non è venuto alla luce alcun reperto, se si escludono gli scavi per il metano seguiti dalla Soprintendenza.
Purtroppo questa è una situazione che si ripete anche in altre realtà simili in Cadore e deve far riflettere sul fatto che la vera tutela dei beni archeologici sta più nella sensibilità dei cittadini che non nella vigilanza delle autorità competenti. La recente scoperta a Pozzale è avvenuta in un cantiere aperto per la realizzazione di un piccolo parcheggio comunale in via Sopracolle, per migliorare la viabilità. Lo sbancamento è stato realizzato verso monte sul lato sinistro della strada che sale alle ultime case del paese e che poi prosegue per “le Ville”. Passando sul posto alcuni soci del Gruppo hanno notato consistenti carboni , che marcavano vistosamente la sezione di terra portata in luce, con una spessa e lunga striscia nerastra a circa un metro di altezza dal piano di scavo sopra la massa di argilla. Avvicinatisi per studiare più da vicino il terreno, hanno trovato sulla parete più corta, subito a destra dell’angolo nord dello scavo, assieme ai carboni, tre piccoli frammenti di ceramica nera di grosso spessore, il cui impasto inglobava piccole impurità, che apparivano come puntini bianchi. Vi erano anche pezzi di ossi di qualche animale come probabili resti di pasto. Sulla parete più lunga, quella parallela alla strada e posta contro il declivio, pressappoco a metà e sempre a un metro dal piano di scavo c’erano dei sassi di grosse dimensioni, che potrebbero essere un’opera di drenaggio sezionata dalla ruspa. Costituivano anche il limite di quello che a prima vista poteva sembrare l’area di un’abitazione, ma poteva anche essere una necropoli distrutta dai lavori o altro; dal tipo di ceramica si poteva presumere dell’età del ferro. Questo sito occupava la metà superiore del cantiere, l’altra metà sottostante era invasa da un accumulo notevole di sassi di piccole dimensioni, tra i quali vi era anche qualche coccio di vaso di epoca recente, probabilmente una discarica agricola. Immediatamente veniva avvertito il dott. Roberto Granzotto, sindaco di Pieve, che con grande sensibilità e coscienza contattava all’istante il responsabile del cantiere e concordava la sospensione temporanea dei lavori. Contemporaneamente si informava la Sovraintendenza .Questo avveniva la sera del 16 settembre, appena in tempo, perché era prevista per il giorno dopo la realizzazione della scogliera di grossi macigni per il contenimento della scarpata, che avrebbe coperto ogni traccia e impedito ulteriori ricerche.
Da allora c’è stato un intervento di Eugenio Padovan per la Sovraintendenza, che con gli operai dell’impresa ha proceduto alla pulizia delle sezioni. Sono venuti alla luce altri frammenti ceramici dello stesso tipo dei primi e appena a monte del presunto drenaggio è apparsa la sezione di una buca di palo, che sembra confermare l’ipotesi di una struttura abitativa, posizionata contro il declivio. In seguito c’è stato il sopralluogo della dottoressa Cangemi della Sovraintendenza, che si è dimostrata interessata al sito. Nell’autunno del 1999 è stato effettuato parzialmente lo scavo; sembra si tratti di un’abitazione, dal momento che si sono trovate delle buche di palo, ma soltanto la continuazione in piano potrà chiarire la situazione. Nel mese di ottobre 2000 si è anche proceduto ai saggi di scavo a Valle per la presentazione di un progetto europeo per percorsi turistico-culturali da parte del Comune. Nel mese di luglio 2001 l’attività di sorveglianza del territorio del Gruppo ha portato a ritrovamenti ceramici di età romana in via Corte ad Auronzo, dove lo scavo successivo ha individuato una struttura di età romana.
Nel settembre 2001 è cominciato l’indagine sul monte Calvario ad Auronzo, importante sito paleoveneto. Questo è stato il primo scavo organizzato dal Gruppo, grazie al finanziamento della Fondazione Cariverona, della regione Veneto e dell’associazione. I risultati sono stati eccezionali; è stato individuata un’area sacra attiva dal II sec. a. c. al V d.c. .
Nei mesi di giugno e luglio 2002 è stata terminata la prima campagna sul Calvario; nei mesi di ottobre e novembre si è effettuata la seconda campagna, finanziata dalla regione Veneto e dal Gruppo. Nell’estate 2004 il Gruppo ha organizzato la terza campagna di scavi finanziata dal comune di Auronzo, la Fondazione Cariverona e la Regione Veneto. Nell’estate 2004 alcuni volontari del Gruppo hanno partecipato a uno scavo d’emergenza a Domegge in una necropoli altomedievale dove è stato rinvenuto un pettine in osso.
Nel corso del 2004 e nel 2005 alcuni soci hanno fornito il loro aiuto per il recupero e la valorizzazione della struttura romana presso il municipio di Pieve di Cadore. Lo scavo ha portato alla luce nuovi ambienti della domus e nuovi reperti.
Nel 2009 le ripetute segnalazioni del Gruppo di oggetti in superficie hanno portato a uno scavo nella zona di Pocol di Vallesella (Domegge), quasi sempre ricoperta dalla acque del lago Centrocadore. Sono state rinvenute fibule, vasi, macine e altri reperti. Si tratta di un’area cimiteriale attiva dal I sec. d.c. al VI-VII d.
Nell’estate del 2015, durante lavori di riqualificazione nel centro urbano di Domegge , nel sagrato antistante alla chiesetta seicentesca di San Giuseppe sono emersi resti di elementi in parte riferibili alla costruzione della chiesa o a rifacimenti della pavimentazione stradale, in parte relativi a strutture precedenti, consistenti in una fossa di scarico, addossata a una struttura di contenimento. Tra i materiali recuperati dal contesto, oltre a scaglie litiche, molto numerosi risultano gli anelli fittili frammentati, in alcuni casi decorati a impressioni digitali. Meno abbondanti sono i frammenti di recipienti di uso domestico, quali olle, scodelle e scodelloni – coperchi. Più rari sono i resti osteologici faunistici, mentre risultano diffusi in tutti i livelli i frammenti di carbone. Questi ultimi, analizzati con il metodo del radiocarbonio, hanno fornito una datazione tra VIII e V secolo a.C.
NOTA: Approfondimenti nelle pagine LUOGHI
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Scavi, scoperte occasionali e nuova documentazione in Cadore dal 1996 (in aggiornamento)
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AURONZO DI CADORE
Struttura di età romana a Tarin
Abitazione di età romana, chiesa altomedievale, chiesa medievale, altre strutture a Piazza Santa Giustina
Abitazione di età romana a Piazza Vigo
Strada romana a Gogna
Terracotte di età romana in via Roma
Area sacra a monte Calvario dal II A.C. al V D.C.
VIGO DI CADORE
Col Ciampon terracotta
DOMEGGE DI CADORE
Sepoltura longobarda con pettine
Scavo in corso con probabili fornaci per la terracotta sul lago Vallesella
Teschio vicino alla piazza centrale durante scavi del Bim metano
PIEVE DI CADORE
Allargamento area archeologica delle villa romana
Terracotta età del ferro nel parcheggio a Pozzale
Terracotta e capanna età del ferro al supermercato a Nebbiù
Sepolture medievali vicino chiesa Santa Maria
Ossa iscritte in venetico e reperti davanti bar Tiziano
Terracotta XII-X A.C. dietro casa del Tiziano Vecellio
Ponte antico sotto strada località la Stua
VALLE DI CADORE
Allargamento scavo casa romana scoperta da Enrico de Lotto
Terracotta e fusaiola in piombo a Pian da Val
Strutture nell’area per case popolari a Pian da Val
SAN VITO DI CADORE
Moneta romana presso chiesa san Floriano
Casa romana sulla curva inizio paese
Villaggio romano via Matteo Ossi
Pietre con iscrizioni in venetico a Mondeval
Sepoltura mesolitico e moneta romana Mondeval
SELVA DI CADORE
Riparo Mandriz con vaso a bocca quadrata
Vari siti mesolitici
SANTO STEFANO DI CADORE-COMELICO
Frammenti terracotta V-VII sec. D.C. presso chiesa
COMELICO SUPERIORE
Chiesa medievale (Candide)
Montecroce Comelico struttura quadrangolare con torri circolari sui lati di età tardoromana
Documentazione e segnalazioni non presenti nella Carta Archeologica del Veneto:
Necropoli longobarda a Valle
Statua di Demetra a Pieve
Col Palotto a Vigo
Necropoli via Trieste a Domegge
Chiave o manico di patera e un anello iscritti in venetico da Montericco
Sigillo in pietra grigio iscritto in venetico da Castello
scoperte occasionali:
Terracotte a Malon Basso Auronzo
Fbula e monete sulla strada per Casera Razzo
Frammento di lamina bronzea con margherita a Gogna
Vari reperti a Gogna (ascia, chiave retica, chiave di età romana, trapano, ecc)
Frammenti architettonici vicino alle scuole medie Auronzo
Moneta Bersaglio Auronzo
Moneta Soccosta Auronzo
Moneta II A.C. a Vigo
Selci mesolitico in Comelico
Selci mesolitico Pian dei Buoi
Approfondimenti (in aggiornamento)
Una spada tipo Sprochoff IIa/Cetona dal Cadore
Alla riunione dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria tenuta a Padova nel 2013 e dedicata al Veneto, il professor De Marinis ha presentato la notizia di un reperto del Cadore; “Prima del 1965 nel corso di scavi per le fognature in una località del Cadore fu scoperta una spada di bronzo del tipo Sprockhoff IIa/Cetona. Il prof. Mario Mirabella Roberti ottenne un disegno in grandezza 1:1, che mi consegnò verso il 1995. A distanza di una trentina di anni non ricordava più tutte le circostanze del ritrovamento e di come venne in possesso del disegno. Sembra che la spada fosse in possesso di un notaio di Conegliano Veneto. Nonostante la mancanza di informazioni precise, il ritrovamento merita di essere segnalato, poiché contribuisce a completare la carta di diffusione di questo tipo di spada, che in Italia non è molto rappresentato”. Si tratta di uno dei tipi più importanti di spade europee preistoriche, e di più lunga durata, noto come “spada a lingua da presa”. La prima apparizione dell’arma è nel XII a.C. nel Nord Italia ed è sopravvissuta anche nell’Età del Ferro, con una durata di circa sette secoli, fino al VI a.C. Durante la sua vita, il metallo è cambiato dal bronzo al ferro, ma non la sua struttura di base. Queste spade sono stati esportate dall’Europa verso l’Egeo, e in luoghi lontani come Ugarit, a partire da circa il 1200 a. C, cioè pochi decenni prima del collasso dell’età del bronzo. Le spade possono essere lunghe fino a 85 centimetri, ma la maggior parte dei campioni rientrano nella gamma di 60-70 cm.