VALLE DI CADORE, appunti sulla storia archeologica e sui ritrovamenti
(Ultimo aggiornamento 15 maggio 2020)
Valle di Cadore era posta in situazione strategica importante, dal momento che con Pieve controllava l’accesso da sud per la Val del Boite e Cibiana. Il suo territorio era pianeggiante e soleggiato, con un microclima più favorevole. Non c’è quindi da stupirsi se le scoperte archeologiche sono state molte, a cominciare da “un martello o maglio di pietra nera durissima, d’ogni parte ben pulito e levigato; ha nel mezzo un foro rotondo per l’infissione del manico”. La C.A.V. data il reperto al 2500-1500 a.c., con grande approssimazione essendo scomparso durante la prima guerra mondiale. Molto più numerose sono le testimonianze venetiche e romane, fino al punto che il professor Anti avanzò l’ipotesi che qui fosse situato il municipium romano di Berua, prima oppidum (abitato fortificato) retico.
Sono stati scoperti quattro edifici di età romana, probabilmente ville; due a Stean e due a Villa. Una struttura di Villa aveva una stanza m.15×11 e l’intonaco con decorazioni floreali (vedi qui a fianco); il pavimento aveva un mosaico. La stanza del secondo edificio di Villa misurava m. 9×9, era intonacata con decorazioni floreali ed aveva un mosaico; i muri proseguivano nel terreno adiacente. Le abitazioni possono essere datate al I-II sec.d.c. Il primo edificio di Stean aveva il pavimento in argilla e consisteva di una stanza.
Sono stati recuperati frammenti di tegoloni, di cui uno con bollo (vedi sotto). Il secondo aveva il pavimento fatto con un battuto di malta sostenuto da blocchetti di tufo ed era costituito da due ambienti impostati su un terrazzamento ed era fornito di riscaldamento ad ipocausto. Dalle monete si può presumere che l’edificio sia rimasto attivo dal I al IV sec.d.c.
Una struttura di età romana a pianta quadrata è stata scavata in via Chiemis. Una zona molto interessante è quella di Rusecco; qui nel 1910 vennero scoperte tre situle bronzee, di cui una con iscrizione in venetico; è una dedica a Loudera, divinità paragonata alla romana Libera, collegata alla morte e rinascita della natura. Si trovarono anche alcuni simpula, bracciali, sette cuspidi di lancia in ferro di tipologia celtica, una moneta di Druso (15 a.c.-23 d.c.). A poca distanza nel 1973 si scoprirono i resti di una struttura con all’interno 200/250 boccali in terracotta, alcuni con ceneri e ossa combuste, piccoli attrezzi di ferro per la lavorazione del legno con immanicature di corno e di osso, fibule (I sec.a.c.), orecchini anche d’oro, bracciali, anelli d’argento, manici di bronzo con attacchi ad ancora per secchielli di legno, coppe e bottiglie di vetro. Un oggetto molto particolare è un vaso in terracotta con vernice rosso arancio a forma di ariete accovacciato, che trova confronti in Africa settentrionale, e con un’iscrizione in latino arcaico per una donna dal nome venetico, incisa sull’oggetto prima di metterlo nel forno. Ora la dott.ssa Bonomi pensa che entrambi i siti vadano collegati ad un’area sacra. Nelle immediate vicinanze è presente una sorgente che è ritenuta dalla popolazione dotata di poteri salutari. A Fies nella parte alta del paese è stata rinvenuta una lapide, in pietra del Fadalto, con iscrizione latina (I d.C.); Lucio Saufeio donava una schola (sala per riunioni e cerimonie) e un solarium (terrazza) a una associazione o corporazione. Sempre nella stessa zona c’era la necropoli; sono state rinvenute alcune sepolture a inumazione appena sotto il colle e vennero recuperati orecchini e spade che la Carta Archeologica del Veneto data al IV-V d.C. Poco distante a due metri di profondità nell’angolo di una struttura di m.10×5 (forse la schola?) altri inumati con orecchini e una spada, di età medievale. Probabilmente nello stesso sito vanno situati i reperti acquistati dal prof. Giorgio Dal Piaz da un contadino e che vennero descritti dal prof. Raffaello Battaglia nel 1919; sei orecchini, un pendaglio e tre anelli d’argento, un braccialetto, un’armilla, un pendaglio e due fibule di bronzo a S, una cuspide di lancia in ferro e una moneta imperiale romana che probabilmente era inserita in un pendaglio o una collana. Le fibule a S sono le uniche trovate nel ducato longobardo del Cenedese (comunicazione del prof. G. Arnosti) e sono tipicamente longobarde. Difficile pensare a imitazioni locali. Si tratterebbe degli unici reperti longobardi in Cadore. Un’altra grande struttura ancora non indagata si trova a Sebbie. (GZS 2020)
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VALLE DI CADORE I saggi di Valle si sono svolti nei mesi di ottobre e novembre 2000, finanziati dalla regione Veneto con 41.000.000 per poter presentare successivamente un progetto europeo per la creazione di percorsi turistico-archeologici all’interno del territorio del comune. I risultati sono stati incoraggianti: nel corso del primo saggio è emersa una struttura imponente , con i resti di un muro lungo 8 metri che fa angolo e dei resti pavimentali. Nel secondo saggio si è riportato in luce uno dei muri di una villa romana scavata dal dottor Enrico de Lotto negli anni Sessanta. Il muro è lungo 8 metri e sul lato nord sono emersi i resti di preparazioni pavimentali con molte tessere di mosaico. Lo scavo è stato poi interrotto per mancanza di fondi.