Dal Corriere delle Alpi del 13 novembre 2010
Attorno alla chiesa di Santo Stefano resti di un abitato del V secolo dC
Eugenio Padovan
Ancora una volta, com’era capitato per Auronzo nel 1999, sono le stratificazioni archeologiche a documentare le antiche frequentazioni umane stabili di un comprensorio come il Comelico, allo stato attuale sconosciute. Fondamentale, infatti, la sua posizione geografica, che lo pone tra entità territoriali, contatti e culture molto diverse tra loro. Il riferimento è alle scoperte di frammenti di ceramica con decorazioni a onde databili al V-VII sec.d. C., avvenute a ottobre, in prossimità del campanile della parrocchiale e più precisamente nelle vicinanze dei resti di quella che è stata identificata come la primitiva chiesetta del paese. Non è stato un compito facile compiere quest’importante ricerca, visto che si sono dovuti superare molti ostacoli, contrarietà e diffidenze come pure concezioni sullo sviluppo ancora fortemente connesso con la cementificazione e pressoché totale disinteresse verso la tutela e valorizzazione dei beni culturali presenti. Si è potuto, tuttavia, contare sulla collaborazione di professionisti, appassionati e anche d’amministratori. Va tenuto presente come la scoperta di Santo Stefano sia da inserire in un percorso di ricerca che proprio l’anno scorso aveva interessato Candide. Le scoperte di Candide. In questo centro di Comelico Superiore, durante la riqualificazione della piazza, vicino alla chiesa plebana dedicata a S. Maria Assunta e a quella di S. Antonio abate, si ebbero le prime avvisaglie della presenza di un’antica comunità organizzata stabile, dedita alla pratica religiosa cristiana. Qui si è potuto contare sulla collaborazione del direttore dei lavori, architetta Daniela Zambelli, e del parroco, che hanno appoggiato le indagini scientifiche affidate all’archeologo Flavio Cafiero. Collaborazione che ha permesso la messa in luce di piccoli tratti di muro appartenenti a una chiesetta risalente all’anno mille e quelli più cospicui di quella seicentesca. Testimonianze rese fruibili al pubblico con l’adeguamento del progetto. Le scoperte di Santo Stefano. Purtuttavia i rinvenimenti registrati a S. Stefano, attinenti alcuni tratti di muro e di un segmento d’abside, ci portano indietro, rispetto a Candide, di almeno cinque secoli, evidenziando come in Comelico un insediamento e un edificio di culto fossero esistenti molto prima del mille, in un periodo adiacente al tardo antico. Ciò era capitato con i ritrovamenti di S. Vito di Cadore, registrati nel 2008, connotati dai pochi resti di una costruzione nel cui ambito furono trovati frammenti ceramici, una moneta romana bronzea del IV sec. d. C. e un orecchino del medesimo metallo. In tale situazione va pure ricordata la scoperta, dei cospicui resti di un esteso villaggio, avvenuta nell’autunno dello stesso anno, nella frazione di Resinego da attribuire, datando la ceramica recuperata con lo scavo dell’equipe Pacitti, all’incirca alla stessa età. In altre parole seppure tra tante difficoltà e diffidenze si può sostenere come l’archeologia in provincia abbia fatto notevoli passi in avanti, svelando scenari che non molti anni fa sarebbero stati quantomeno incredibili. Tornando alle indagini scientifiche dell’antica chiesetta, condotte dall’equipe Pacitti, con Diego Battiston e un volontario del Circolo Amici del Museo dell’Alpago, è necessario rilevare come quei pochi metri quadrati di superficie risparmiati dalla colata di cemento abbiano dimostrato l’esistenza dei resti di un cimitero attorno alla parrocchiale, com’era in uso sino all’epoca napoleonica e che per tale motivo l’ambito nord della primitiva chiesa sia stato più volte rimaneggiato e scavato per ricavare le fosse per i defunti. La rimanenza dei muri della piccola chiesa ha fatto comprendere come questa fosse lunga circa 8 metri, più difficile invece determinarne la larghezza. In ogni modo quello che è stato visto durante la ricerca sono pure le distruzioni perpetrate in epoca moderna, soprattutto sul muro perimetrale nord, mentre il pavimento fu demolito, quasi in epoche più remote. L’unica moneta trovata raffigura un doge dei primi decenni del 1600 e poteva riguardare un defunto seppellito a quel tempo. Altro dato riguarda l’aspetto orografico dell’area dove fu costruita la chiesetta: come si può intuire anche ora, si trovava in una posizione panoramica, dominante rispetto al possibile abitato che doveva espandersi nelle sue immediate vicinanze. Sin qui sinteticamente i risultati delle indagini interne all’edificio, ma la scoperta decisiva è giunta dalla verifica dello spazio esterno del lato nord. E’ qui, in un piano di frequentazione tra le pietre e i calcinacci, al di sotto delle fondazioni dell’abside, che Diego Battiston ha trovato i frammenti ceramici con le decorazioni a onde risalenti al V-VII sec, d.C. Infine un’altra testimonianza fa sapere che decenni addietro, durante i lavori in fabbricato situato nelle vicinanze della sede della Comunità Montana di Comelico e Sappada, fu rintracciata una moneta romana. Insomma, pian piano le nebbie sull’antica presenza umana stabile in Comelico si stanno diradando.