In ricordo di Eugenio Padovan
La notizia dell’improvvisa scomparsa di Eugenio ci ha lasciati increduli prima ancora che addolorati.
I nostri primi contatti risalgono agli anni ‘70 del secolo scorso, e sono diventati sempre più frequenti da quando, nei primi anni ‘80, lui entrò a far parte della Soprintendenza Archeologica per il Veneto come Assistente Tecnico Scientifico.
Proveniente dal settore metalmeccanico, Eugenio è riuscito a fare della sua passione per l’archeologia e per la storia antica una professione, in modo da potervisi dedicare a tempo pieno con caparbietà, impegno e competenza.
Lo ha fatto non da dietro una scrivania ma spostandosi continuamente con mezzi pubblici da un angolo all’altro del territorio provinciale per approfondire segnalazioni di ritrovamenti, monitorare movimenti terra e tutelare reperti: a lui il Cadore deve infatti la gran parte dei ritrovamenti archeologici di quel periodo.
Nel 1996, insieme a Giancarlo Arnoldo, primo presidente, ha avuto un ruolo importante nella nascita del Gruppo Archeologico Cadorino, e prima ancora è stato attivo nella sezione locale di Italia Nostra, diretta da Vittore Doro, per il ramo attinente l’archeologia.
In occasione del 25° anniversario della fondazione del Gruppo (1996-2021), ha tenuto una relazione corredata da una quarantina di immagini d’archivio su venticinque anni di archeologia in Cadore. Un lavoro di sintesi altamente significativo sulla base del quale abbiamo successivamente realizzato in studio un video, che verrà a breve reso pubblico.
Innumerevoli le conferenze che Eugenio ha tenuto per noi in Cadore:
“La necropoli di Castellavazzo” e “Archeologia nel Bellunese” (1996);
“Archeologia in Comelico?” e “Romanità in provincia di Belluno” (1997);
“Auronzo 2000 anni di storia”, con Davide Pacitti, “Mel dalla preistoria al medioevo”, “La tomba del gigante; una sepoltura di 3500 anni fa nel Bellunese” (1999);
“Lo scavo archeologico di piazza Santa Giustina, relazione preliminare”, con Davide Pacitti (2000);
“L’Alpago nell’età del ferro e in età romana; nuove scoperte” (2003);
“L’Alpago nell’età del ferro” (2005):
“Aggiornamento archeologico del territorio bellunese” (2009);
“Archeologia in Cadore, aggiornamenti” e “Archeologia in Alpago dall’età del ferro all’età romana. Le necropoli di Pian de la Gnela e di Staol (Pieve d’Alpago)” (2015);
“Mel, ipotesi sulla primitiva urbanizzazione” (2020);
“GB Frescura e la scoperta di Lagole”, con Letizia Lonzi e Dino Ciotti (2021).
Dopo la sospensione per l’emergenza sanitaria, le conferenze per le quali aveva già dato il suo accordo erano la riproposizione di “Le Signore dell’Alpago” e “Lungo la via dei santuari”.
Un amico e un punto di riferimento, questo è stato Eugenio per noi.
Dopo il suo pensionamento, avvenuto nel 2010, la sua presenza sul territorio cadorino è stata giocoforza meno assidua, e forse è per questo che si sono rarefatti anche i nuovi ritrovamenti, ma non sono mancate le occasioni di incontro alle conferenze e ai convegni, e si sono intensificati i contatti telefonici. Un argomento centrale nelle nostre conversazioni era la convinzione che la provincia di Belluno, ricca di valori non solo ambientali ma anche archeologici, storici e architettonici, meritasse una attenzione maggiore da parte delle autorità di riferimento, e che avremmo potuto ottenerla solo unendo le forze e lavorando per obiettivi comuni.
Più volte aveva espresso l’auspicio che maturasse nelle popolazioni locali la consapevolezza delle opportunità di crescita, prima di tutto culturale, ma anche con ricadute economiche, legate alla valorizzazione di questo nostro patrimonio. Da qui la sua proposta di riproporre gli “Stati generali” dell’archeologia e dei beni culturali bellunesi e di aprire tavoli con la Provincia e con la Soprintendenza.
Nel marzo di quest’anno ci eravamo recati insieme in Slovenia, per incontrare Miha Mlinar, direttore del museo archeologico di Tolmino, e prendere accordi per il convegno “Studi e confronti sull’Arte delle Situle”, che poi ha avuto luogo il 17 giugno scorso in Alpago.
La determinazione e la passione che emergevano da ogni sua iniziativa, espressi spesso con quel modo focoso che lo caratterizzava, erano una costante alla quale ci aveva abituati, e facciamo fatica ad accettare che su tutto questo sia sceso il silenzio.
Ci chiediamo chi saprà raccogliere la sua eredità, dando continuità al patrimonio di conoscenze e alla rete di relazioni dentro e fuori i confini della provincia e anche a livello internazionale che aveva intessuto nell’interesse di tutti. Per quanto è nelle nostre possibilità, noi faremo la nostra parte.
Ciao Eugenio, ci mancherai.
Per il Gruppo Archeologico Cadorino
Giovanna Deppi