Archeologia bellunese, cronache di una quotidiana ricerca

CIMAGOGNA: con le passione e le ricerche sta emergendo l’antica Agonia d’età tardo romana
di Eugenio Paovan

CIMA GOGNA 31 ottobre 2019 –Ultimo giorno d’ottobre. Una mattinata di metà autunno, per immergerci nell’età romana di questo angolo di Cadore, alle porte di Auronzo e poco lontano dal Comelico. L’occasione per questo invito; la presentazione dei risultati della campagna 2019 di ricerche archeologiche. Ad accoglierci e fare gli onori di casa, Giuseppe Pais Becher l’appassionato e protagonista di questa avventura fermamente voluta per dare gambe ai sogni sorretti da una ferrea volontà di mettere in luce una pagina di storia antica anzi, come vedremo, due, tramandateci da illustri cadorini come Cesare Vecellio e Giuseppe Ciani, tanto per citarne solo un paio. Giuseppe Pais, ha accolto i numerosi ospiti con una inaspettata affermazione: benvenuti sull’isola. Ma quale isola ci si potrà chiedere. In effetti, senza un’attenta osservazione è molto difficile dare credito a tale riferimento.

Tuttavia le cose stanno proprio così. Perché l’area archeologica è circondata praticamente su tutti i lati, dal fiume Piave e dal suo affluente Ansiei. Quella mattina eravamo lì, in quel tratto di Cadore, contrassegnato da tante testimonianze antiche, per conoscere i risultati delle ricerche scientifiche, finanziate da Cariverona, Magnifica Comunità di Cadore e comune di Auronzo. Eseguite nell’ambito di quella che sinora è stata ritenuta, per quanto messo in luce, una fortificazione tardo antica. Purtuttavia, consultando scritti del XVI, come quello di Cesare Vecellio, contenuti nel libro primo “Degli Habiti antichi et moderni” scrive “ d’una città antichissima già chiamata Agonia, della quale hoggi non si vede altro eccetto i fondamenti d’ un castello con un bagno d’acqua sulfurea…”.

Oggi però non è ancora possibile intravvedere il perimetro. Già lo scorso anno, grazie al sostegno finanziario di Montura, le tesi di Giuseppe Pais erano state confermate, con la messa in luce di alzati murari inerenti un torrione quadrangolare che presentava cospicui segni di carboni derivanti da una distruzione violenta. Analizzando queste rovine, dopo aver tolto le murature crollate vennero ritrovate monete, altri reperti e, soprattutto la tomba di un infante, contenuta in un’anfora di provenienza orientale, tutto datato al IV sec. d.C..Ciò che è stato reso noto quest’anno dall’archeologo Antonio Persichetti responsabile ed esecutore, insieme con una collaboratrice, degli scavi, autorizzati dalla Soprintendenza, è pure l’esito delle analisi al C14 effettuate sui carboni raccolti nell’ambito del torrione.

Queste hanno confermato quanto dimostrato dai reperti, quali le monete e la sepoltura quindi , IV – V sec. d. C. La medesima datazione dei resti lignei raccolti in una delle buche del torrione nord-ovest dell’accampamento romano di Passo di Monte Croce Comelico. Quest’anno, nel proseguimento delle analisi stratigrafiche è stato incentrato, in quello che è stato ritenuto il fossato, posto tra il torrione e il possibile castrum o insediamento. Come illustrato da Persichetti nell’indagine delle varie stratificazioni sono stati scoperti, crolli, lavorazioni del banco roccioso e la pianta di una canalizzazione per il deflusso delle acque provenienti, probabilmente, dal vicino fiume Piave. Insieme a resti di costruzioni, spiegate come muri di sostegno di un pontile ligneo di collegamento tra la torre e il versante opposto della fortificazione – insediamento che , considerata l’area doveva essere molto ampia. Da non tralasciare sono gli oggetti rinvenuti nelle varie stratificazioni della canalizzazione.

Si tratta di una piccola moneta, un anello bronzeo, una punta di freccia molto concrezionata, dei frammenti di ceramica appartenenti ad una ciotola, una lamina bronzea decorata, chiodi e delle scorie ferrose, tutti materiali riconducibili al IV-V sec. d.C. . Osservando su lato opposto alla torre, quanto sinora scavato, cioè quanto rimasto dopo le spoliazioni dei materiali edilizi (era considerata la cava degli auronzani), allo stato attuale si vede una platea di calce inframmezzata da ciottoli e pietre dalla quale, non è possibile leggere quanto potesse esserci 1600 anni fa. Bisogna tener presente di come sia già stata indagata, e nuovamente ricoperta, una vasca per la raccolta dell’acqua. Mentre sul lato verso l’Ansiei, è intellegibile la presenza di diversi metri di muraglia.

Tutti elementi che richiamano, preannunciano la necessità, come del resto nella Stipe votiva di Lagole, la continuazione degli scavi di ricerca e la valorizzazione delle scoperte. Esigenze, auspici riconosciute e sottolineate dal presidente della Magnifica Comunità di Cadore Renzo Bortolot. Per la valorizzazione, è stato molto chiaro il rappresentante di Cariverona Roberto Granzotto che ha sottolineato, facendo l’esempio della visibilità delle vestigia relative ad villa romana di Pieve di Cadore, contenute in un padiglione vetrato, che agli scavi di ricerca, si eviti la ricopertura. Ma facciano seguito tutti gli interventi per la fruizione culturale ed economico-turistica. Tatiana Pais, sindaco di Auronzo ho posto l’accento sulla opportunità che i reperti del suo comune possano essere velocemente restaurati perché è pronta, ad accoglierli, ad Auronzo, una sala del Museo di Palazzo Corte Metto che già ospita i materiali provenienti dall’importante Santuario del Monte Calvario.

Tra intervenuti nelle presentazioni Benedetta Prosdocimi, della Soprintendenza, Matteo Da Deppo, direttore della Magnifica Comunità di Cadore, Svaluto Ferro presidente Unione Montana. Erano presenti pure Giovanna Deppi presidente del Gruppo archeologico cadorino, Daniela Zambelli del Museo “Algudnei “ Dosoledo. Del resto è evidente una stretta connessione tra le scoperte del Cadore e il Comelico, ambiti di confine tra la X Regio romana e il Norico, posti lungo il percorso stradale romano documentato da Alessio De Bon. Tragitto che attraversa anche l’insediamenti situato nella parte alta di Cima Gogna, nel quale Giuseppe Pais , ma anche Leandro Mereu hanno scoperto reperti molto importanti come una chiave retica e una romana, ed altri utensili come coltelli e un’ascia tutti in ferro, monete romane. Sempre nello stesso sito sono stati messi in luce muri a secco, forni fusori e molte scorie ferrose. Insomma, un altro importante insediamento che attende di essere messo in luce.