ll Gruppo Archeologico Cadorino, in collaborazione con la Magnifica Comunità di Cadore, propone ai soci e ai volontari dei musei per il pomeriggio di venerdì 8 maggio 2015 un’escursione guidata a Botestagno, in Ampezzo, in compagnia del dott. Mario Ferruccio Belli (storico, noto autore di numerose pubblicazioni tra cui una Storia di Cortina d’Ampezzo). L’escursione è aperta anche ad amici e simpatizzanti.
Programma:
_ ore 13:30 partenza da Pieve, piazzale del Tribunale, con auto proprie (cercheremo di spostarci con meno mezzi possibile). Incontro col dott. Belli e altri partecipanti all’escursione a Cortina, presso il chiosco dei giornali a fianco della stazione delle autocorriere;
_ ore 14.30 si prosegue per Botestagno. Parcheggeremo le auto poco prima del ponte basso sul Felizón, sulla strada per Pian de Loa e saliremo sulle tracce della strada medievale (strada regia), quella che per secoli e con quattro tornanti portava al castello (30/40 minuti, abbigliamento e pedule adeguate). I partecipanti con qualche difficoltà di deambulazione potranno formare un secondo gruppo che proseguirà, accompagnato, con meta il piazzale della vecchia cantoniera, e in pochi minuti per facile sentiero raggiungerà i resti del castello dove si congiungerà con il rimanente della comitiva (anche in questo caso si consigliano calzature adeguate). Ritorno per il sentiero del versante nord, Prato del castello, ponte sul Felizón, trói de la curta e arrivo al parcheggio (20 minuti circa, tutto in discesa);
_ dopo la visita al sito del castello – dove, ricordiamo, sono in corso degli scavi archeologici – visiteremo la collina di St. Hubertus, poco lontana, già dimora di caccia delle signore inglesi Anna Powers Potts ed Emily Howard Bury, che i soldati austriaci distrussero nei primi giorni di giugno 1915 perché non diventasse una posizione avanzata dell’esercito italiano;
_ ore 18.30 si riparte per Pieve, con tappa in pizzeria a Valle (per chi lo desidera).
Per motivi organizzativi, sarà gradita conferma di partecipazione; in ogni caso l’escursione è gratuita e aperta a tutti. Variazioni al programma saranno possibili in dipendenza dalle condizioni atmosferiche. In caso di evidente maltempo, tutto verrà rimandato ad altra data.
Si declina ogni responsabilità; eventuali minorenni dovranno essere accompagnati da genitore o da chi ne fa le veci.
La rocca di Botestagno a nord di Cortina – duemila anni di storia in tre ore di passeggiata
Per la prima volta dunque la mitica torre che appare sugli stemmi del Cadore, abbinata a quella del castello di Pieve, racconterà i suoi segreti nelle parole di un’autore che sull’argomento ha scritto molte pagine. Il sito si trova a quota 1525 metri a picco sul torrente Felizòn nel punto in cui si immette nel Boite. La storia di Botestagno si riteneva iniziasse nel 1175 quando un nobile di Monguelfo vendeva la località ai conti da Camino.
In realtà gli accurati scavi archeologici cui sono state soggette le rovine nel 2013 e nel 2014 hanno portato alla luce, oltre le antiche cantine e la cisterna alla veneziana del castello, ceramica romana risalente al I – II secolo avanti Cristo.
Questo significa che il sito era già abitato e, di conseguenza anche Cortina e questa parte del Cadore. Perciò la storia non solo di quel baluardo contro le invasioni, ma anche di Ampezzo e delle sue istituzioni regoliere, va evidentemente rivista.
Inaccessibile da tre lati obbligava chiunque provenisse dal Nord a passare attraverso alla sua cinta muraria.
Il suo periodo più glorioso è stato quello con i Patriarchi di Aquileia e poi, dal 1420, come sentinella della Serenissima Repubblica. Occupato dall’imperatore Massimiliano nel 1511 il castello è stato per i successivi due secoli e mezzo la dimora di un capitano e di un manipolo di soldati a fare la guardia e a riscuotere i dazi doganali sulle merci in transito. Non più una fortezza minacciosa ma tranquilla dimora di un nobile pusterese con la sua famiglia, tant’è che vi sono nati tredici marmocchi, molti dei quali battezzati nella cappella. Nell’Ottocento l’abbandono da parte di Vienna e la successiva distruzione.
Un luogo ed un castello già simboli di guerra che tuttavia meriterebbero di essere più conosciuti, soprattutto in Cadore perché lassù i nostri antenati hanno riposto la loro fiducia. Nei giorni del lungo assedio durato dal 1508 al 1511 un capitano veneto aveva scritto a Venezia “che si tegnirà et non dubita”.
Quando la sorte, non il valore delle armi ma il prezzo del tradimento ne ha cambiato il ruolo, i Cadorini non l’hanno cancellato dalla memoria. Anzi, l’hanno voluto assieme al castello di Pieve anche sulla bandiera e negli stemmi, quali simboli di libertà e di pace.